Tutta colpa di Cristicchi e dei maranza
Rapporti familiari e bande di "teppisti": che adulta sono se ascolto la trap?
Simone Cristicchi al festival di Sanremo ha portato un testo che mi ha fatto venire i brividi, sì ma di panico. La spia si è accesa perché quel brano l’ho sentito vicino - o potenzialmente vicino - a me e a quello che mi spetta nei rapporti con chi mi ha cresciuta e che adesso sta invecchiando.
Solo che non so se sarò capace di replicare la pazienza e la dolcezza che ci mette Cristicchi nel ripetere mille volte il nome alla madre. Trasformarsi nei nostri genitori per i nostri genitori o nonni non è qualcosa di istintivo, soprattutto se senti di non essere ancora del tutto adulta.
I motivi per cui non lo sento di essere sono molteplici e complessi e vanno dai rinfacciamenti vari ed eventuali nei confronti delle generazioni dei miei genitori e nonni per tutte le devastazioni che mi stanno lasciando in eredità al consumo non occasionale di musica trap. Tutte ragioni che ancora mi fanno sentire in pieno scontro generazionale, forse ancora di più di quando avevo 16 anni.
Quindi, quando mia zia, dopo aver guardato i miei calzettoni bianchi e il mio marsupio, mi ha detto «sembri un maranza» (ndr. neologismo nato dalla combinazione di “marocchino”, usato come sinonimo di immigrato, e “zanza”, vale a dire “tamarro”), mi sono gonfiata d’orgoglio, perché sono giovane e arrabbiata. O almeno lo sembro, che non è poco.
Choosy, svogliati, bamboccioni: è difficile abbandonare la smorfia da adolescente incazzata quando da sempre ci chiedono di essere giovan* e arrabbiat*, possibilmente anche asocial*, così che ci sia sempre qualcuno che possa puntarti il dito contro. Come scrive Jean Baudrillard:
«la società dei consumi vuole essere come una Gerusalemme accerchiata, ricca e minacciata».
Essere giovani vuol dire essere anche il capro espiatorio perfetto di una società che come come scrive Valerio Marchi in “Teppa”, è segnata «da forti contraddizioni e distorsioni sociali» ed è «preda di sensi di colpa da tacitare con offerte sacrificali appunto». Per rendersi conto di quanto funzioni bene questo meccanismo basta passare del tempo con mia nonna, che a ogni visita mi mette in guardia da presunte orde di maranza pronte a derubarmi. Se le chiedi però come sono fatti questi maranza entra un po’ in difficoltà. Ma poco importa perché forse pensare ai “barbari di seconda generazione delle periferie”, più cattivi dei teppisti della sua giovinezza, la distoglie da un sistema sanitario al collasso, da una pensione irrisoria e dalle bollette sempre più alte.
E per chi invece nei “barbari di periferia” ci si riconosce o almeno prova simpatia anche se ha i primi capelli bianchi? Sempre secondo Valerio Marchi, i conflitti generazionali degli ultimi decenni possono essere riassunti nella domanda provocatoria «Quale domani?».
Crisi climatica, guerre, pandemia: abbiamo tutti paura che vada davvero a finire davvero male. E nel modo di essere dei maranza, come dei punk prima, si racchiude una definitiva presa di coscienza «di un modello di sviluppo che implica la cancellazione di ogni possibile futuro per le fasce destinate a uno stato di subalternità economica, culturale tecnologica». Contro la fine del mondo, con la socialdemocrazia che per Houria Bouteldja è stata «liquidata» e con la sinistra che alle fabbriche e alle periferie preferisce gli editoriali sui giornali, i maranza potrebbero essere quelli che con la loro rabbia sono dalla parte giusta. E forse noi con loro.
Oh yes, lag me more
Su maranza, bucanieri e teppisti di ogni sorta ⛵
💽 La colonna sonora dei miei ultimi viaggi sui mezzi
Un pezzo dal mio ultimo brain rot 🍤
Ci vediamo tra un mese con qualcosa di crunchy, grazie per la compagnia 🍭